Storia della conquista del Monte Rosa

Ghiacciaio del Gornergrat

Il Massiccio del Monte Rosa, e in particolare i suoi valichi, sono stati transitati in tempi veramente molto antichi.

Si pensa infatti che già le prime popolazioni Walser, nel XIII, raggiunsero la Valle del Lys provenendo dal Vallese transitando per quello che oggi è il Colle del Lys (un valico alpino, che si eleva alla quota di 4151 mt, che segna il confine tra Italia e Svizzera)

 

La storia della conquista del Monte Rosa inizia nel lontano 1778 dal versante Italiano (più facile di quello Svizzero), quando un gruppo di sette giovani di Gressoney risalirono i pendii morenici del massiccio alla ricerca di quella che veniva definita la "Valle Perduta", una sorta di Paradiso Terrestre che si nascondeva dietro le alte pareti della montagna, in cui abitassero animali leggendari e la terre fosse rigogliosa di frutti.

Una prima “spedizione” avvenne il 15 Agosto anche se il gruppo dovette ben presto tornare indietro a causa del brutto tempo; qualche mese dopo ritentarono l'impresa raggiungendo la sommità del ghiacciaio del Lys, oltre i 4.000 mt; il punto da loro raggiunto venne battezzato e ancora oggi chiamato la "Roccia della Scoperta", ma ovviamente l'arido paesaggio glaciale che si presentò davanti ai loro occhi fece cadere il mito dell'Eden alpino.

Giovanni Gnifetti 

Nel 1801 si entrò nel vivo della conquista grazie al medico di Alagna Pietro Giordani, il quale precisamente il 23 luglio raggiunse la cima che ancora oggi porta il suo nome (Punta Giordani – 4046 mt.); seguirono a ruota i fratelli Jean e Joseph Vincent, insieme a Joseph Zumstein, che conquistarono una dopo l'altra le attuali Piramide Vincent (4215 mt.) e il 1 Agosto 1820 la Punta Zumstein (4563 mt.), tra le vette più alte del massiccio.

Circa alla metà del XX secolo si colloca poi un'altra figura di estrema importanza per l'alpinismo del Rosa: il parroco di Alagna Giovanni Gnifetti, il quale nel 1842 dopo vari tentativi riuscì a raggiungere la Punta del Segnale (o Signalkupppe, in tedesco, così chiamata a causa di un obelisco roccioso presente sulla cima, poi demolito durante la costruzione della Capanna Margherita), da allora denominata Punta Gnifetti in suo onore.

Solamente dopo il 1850 si registrarono le prime ascensioni delle altre cime del massiccio, come la Punta Dufour (la vetta più alta del massiccio) conquistata il 1 Agosto del 1855, la Nordend, il Castore e il Lyskamm nel 1861 e la Punta Parrot nel 1863.

 

Raggiunte quindi tutte le principali vette del Monte Rosa, l'attenzione si spostò poi sugli itinerari più complessi dal punto di vista tecnico, primo fra tutti l'imponente parete Est, una delle poche pareti himalayane delle Alpi con più di 2000 mt. Di ghiaccio e roccia, che si estende verticale sopra Macugnaga.

Ferdinand Imseng diede il via ai primi tentativi di ascesa tra lo scetticismo generale, rimanendo vittima poi nel 1881, insieme a Damiano Marinelli e alla guida Battista Pedranzini; l'impresa riuscì con successo ma, sulla via del ritorno, il gruppo fu travolto da un'enorme valanga nella quale i tre persero la vita; da quel giorno, l'impressionante canale che attraversa la Est del Rosa prese il nome di Canalone Marinelli.

Con questo episodio possiamo ritenere terminata la conquista pionieristica del Monte Rosa, infatti a partire dal 1900 iniziarono ripetizioni delle principali vie, unitamente alla scoperta di nuovi itinerari ma in zone già esplorate e conquistate in passato.