Le Guide Alpine: origini di una professione..anzi, di un'arte!

Jean Antoine Carrel

 

La Guida Alpina ricopre il così detto ruolo di Alpinista Professionista, il suo compito è quello di guidare gli escursionisti o alpinisti lungo sentieri o Vie di Montagna.

La Guida Alpina ora è una figura molto diffusa, la quale ha subito nel corso degli anni una ricca evoluzione, scopriamo insieme la storia:

 

Secondo alcuni scritti, intorno all'anno Mille, giovani valligiani (chiamati in dialetto i Marrons) si prestavano, ad accompagnare i pellegrini al superamento dei difficili valichi di Montagna, tra cui il frequentatissimo Colle del Gran San Bernardo

Inizialmente le guide erano semplici individui che erano riusciti ad affiancare alle capacità atletiche e alla conoscenza della montagna, anche la possibilità di guadagnarsi il pane.

 

La vera professione però, come la intendiamo ai giorni nostri, nacque con le prime esplorazioni del Monte Bianco e in particolare con la sua prima ascensione effettuata da Jacques Balmat e Michel Gabriel Paccard nel 1786.

Un anno dopo Balmat accompagnò in vetta lo scienziato Horace Bénédict de Saussure, si inaugurò quindi la funzione di Guida come accompagnamento di un cliente in attività alpinistica.

Il lavoro di Guida fu inizialmente limitato alla zona di Chamonix e alla Val d'Aosta, successivamente con il passare dei decenni divenne più popolare arrivando ad estendersi in maniera capillare in tutto il territorio alpino.

In Italia la prima Guida Alpina fu Giovanni Battista Jacchetti, cacciatore di camosci di Macugnaga, annoverato tra le prime Guide Alpine italiane. Negli ultimi anni del 1700 figurava come il massimo esperto del Monte Rosa. E c'è chi lo considera il padre dell'alpinismo moderno

 

Verso i primi decenni dell'800 questi iniziarono ad associarsi: nel 1821 nacque la Società delle Guide di Chamonix, nel 1850 quella italiana a Courmayeur (I nomi delle Guide Alpine che la fondarono: Emile Rey, Arturo Ottoz, i fratelli Ollier, Bonatti, Zappelli, sono scolpiti sulla roccia), mentre nel 1888 le sezioni del CAI delle Alpi occidentali costituirono un "consorzio internazionale" per l'arruolamento di guide e portatori, fissando norme di servizio uniformi e tariffe minime per le ascensioni.

Fin dai primi dell' 800 le guide valdostane attraversarono numerose volte il Colle del Gigante, rendendosi conto della possibilità di raggiungere la vetta da quel versante; iniziarono così numerose spedizioni, alcune di sole guide, altre in compagnia di facoltosi clienti, che portarono alla vetta attraverso il Mont Blanc de Tacul e il Mont Maudit.

A poche decine di chilometri di distanza, nello stesso periodo, diverse guide lottavano per la conquista di un'altro gigante delle Alpi: il Cervino.

Come non citare Jean Baptiste Carrel, guida di Valtournanche, morto nel 1890 nel tentativo di salvare un proprio cliente.

 

Spostandoci ancora più ad est, incontriamo le guide di Macugnaga, che si distinsero sulle prime ascensioni al Monte Rosa; qui, oltre agli autoctoni della Valle Anzasca, dobbiamo ricordare alcune guide nate nel Vallese ma trasferitesi a Macugnaga in giovane età come Ferdinand Imseng e Matthias Zurbriggen, il primo dei quali fu autore di imprese alpinistiche anche in Nuova Zelanda e sulle Ande.

 

In Lombardia l'alpinismo arrivo in ritardo rispetto alle Alpi occidentali, con i grandi esploratori mitteleuropei che però arrivavano nelle valli già accompagnati dalle loro guide abituali, relegando i locali cacciatori di camosci a semplici portatori.

Solamente nella seconda metà dell'800 alpinisti autoctoni del calibro di Battista Pedranzini, originario di Santa Caterina Valfurva, riuscirono a raggiungere il ruolo di Guida Alpina.

Sempre in Italia e verso la metà dell'Ottocento la professione di Guida Alpina prende piede non solo lungo l'arco alpino ma anche sugli Appennini. Dopo il 1850 l'attività alpinistica sul Gran Sasso si intensifica, a guidarla c'è Giovanni Acitelli che figura tra i precursori delle Guide Alpine apenniniche.

Venendo infine alle Dolomiti, all'epoca dei cacciatori di camosci sostituì ben presto quella delle grandi dinastie di guide alpine, che in parte sopravvivono ancora oggi.

Nella zona di cortina possiamo ricordare quelle di Francesco Lacedelli (detto detto Checo de Meleres), prima Guida Alpina accompagnatrice di Paul Grohmann sui Monti Pallidi; quella dei Dibona, con Angelo Dibona fiero esportatore dell'alpinismo dolomitico in Francia; a questi si aggiungono personalità del calibro di Luigi Rizzi, prima guida fassana, e il mitico Tita Piaz, che  tra i suoi clienti poté vantare addirittura il re del Belgio Alberto I.

 

Il periodo delle due Guerre Mondiali fu abbastanza critico per la figura della guida alpina, la quale non seppe tenere il passo dell'evoluzione tecnica dell'alpinismo, impiegando parecchio tempo per forgiare una nuova figura di "professionista della montagna", abile su ogni superficie e con ogni tipo di tecnica, come le guide che caratterizzarono la seconda parte del novecento.

 

In tempi ormai recenti, nel 1989 viene riconosciuta la figura professionale della Guida Alpina. A stabilirlo è la Legge Quadro numero 6 che inserisce quella della Guida Alpina tra le professioni a carattere intellettuale.

Successivamente da qui a pochi anni è nato l'Accompagnatore di media montagna, il quale fa sempre riferimento ai Collegi regionali delle Guide Alpine