La Via Priula, una delle prime grandi vie di comunicazione alpine

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In un paese come l'Italia dove la progettazione e la realizzazione di opere pubbliche deve passare attraverso un intricato dedalo di leggi, burocrazie e permessi rendendo i tempi di costruzioni quasi biblici, è esistito un passato dove, nel giro di pochi anni, venivano costruiti collegamenti stradali estremamente arditi per l'epoca, che attraversavano montagne e vallate fino ad allora ritenute inaccessibili.

Tra i tanti esempi citiamo quello della Via Priula, importante arteria commerciale finalizzata a collegare i territori della Repubblica di Venezia con il Cantone svizzero dei Grigioni, che un tempo dominava la Valtellina. La strada partiva dalle basse valli bergamasche, coinvolgendo in particolare la Val Brembana e risalendo fino allo spartiacque dell'attuale Passo San Marco, per poi scendere a Morbegno in Valtellina: si trattava di un territorio strategico, stretto tra il Ducato di Milano, la Svizzera, la Serenissima e l'Impero Asburgico, quindi un'arteria vitale sia dal punto di vista commerciale che bellico.

Da Morbegno la Via Priula si snodava fino a Coira (Chur in tedesco)

 

Quest'opera deve il suo nome a Alvise Priuli, podestà di Bergamo, che, in seguito al nulla osta ottenuto dalla Repubblica di Venezia, ne iniziò la costruzione nel 1591 per poi concluderla due anni più tardi, nel 1593.

Furono necessari diversi studi per individuare il tracciato ideale, che nel suo tratto principale doveva superare la catena delle Orobie; venne scelta la Val Brembana a differenza della vicina Valle Seriana per una migliore accessibilità sui valichi elevati.

A quota 2000 metri, presso l'attuale Passo San Marco, la Via Priula scavalcava così la difficile catena delle Orobie immettendosi nella Vallata della Valtellina, raggiungendo così prima Albaredo poi Morbegno (So) e infine si snodava fino a Coira (Chur in tedesco)

La strada superava passaggi estremamente impervi, come nel caso della zona tra Villa d'Almè e le Gole di Sedrina, ricorrendo a strutture architettoniche tanto ardite quanto pericolose (come le famose Chiavi della Botta, ovvero un sistema di archi utilizzato per superare gli strapiombi sul fiume Brembo), ma ebbe il merito di accorciare i tracciati commerciali allora in uso, che per superare tali ostacoli spesso risalivano valli laterali.

Importante fu la costruzione della Cà San Marco a 1830 mt. di quota (attuale Rifugio Cà San Marco), una sorta di casa Cantoniera situata sull'omonimo passo, sul crinale di confine con la Valtellina. Per parecchi anni le autorità svizzere chiusero il tracciato dal versante settentrionale per motivi militari, rendendo di fatto inutilizzata la costruzione.

L'opera necessitò di costi stratosferici per l'epoca; inizialmente vennero preventivati 2000 ducati, successivamente per far fronte a problemi logistici i costi quadruplicarono diventando 8000 ducati.

In fin dei conti, le aspettative di Priuli furono forse un po' eccessive: la strada Priula fu si un vantaggio, ma non garantì quello sviluppo commerciale verso nord che le autorità venete si aspettavano. Con la crisi della Serenissima iniziò anche la crisi della Via Priula: la manutenzione venne meno, così che alcuni tratti furono gravemente danneggiati o addirittura distrutti.

 

Oggi è possibile percorrere a piedi i tratti della Via Priula rimasti, sia sul versante bergamasco (dove da Mezzoldo si può salire fino alla Cà San Marco) che valtellinese (che si sviluppa attraverso la Valle del Bitto), calpestando le pietre che un tempo videro il passaggio di intere carovane dirette nel cuore delle Alpi.

Tra gli altri itinerari escursionistici troviamo per esempio quello che parte dal Rifugio Madonna delle Nevi situato lungo il Passo san Marco.