La Storia di Giusto Gervasutti, Il Fortissimo

Giusto Gervasutti

 

Tra i più grandi alpinisti dell'inizio del '900 e più precisamente tra gli anni '30 e '40 svetta il nome di Giusto Gervasutti, detto anche il “Fortissimo”, come venne poi denominato per le sue eccelse capacità alpinistiche.

Giusto Gervasutti nasce a Cervignano, in Friuli, nel 1909. Fin da piccolo si appassiona al mondo della montagna e soprattutto all'arrampicata, specialità che lo farà diventare un vero e proprio fuoriclasse tra i più forti in quegli anni. 

Giusto inizia a scalare sulle montagne di casa, le Dolomiti della Carnia, e alla sola età di 16anni ripete moltissime tra le vie classiche più ambite di quelle pareti.

Il punto forte di Gervasutti è certamente l'arrampicata; egli diventa uno dei pionieri del Sesto Grado e si fa apprezzare in tutto l'ambiente di Montagna di alto livello di quegli anni. Certamente non è l'unico “sestogradista”, infatti molti altri celebri alpinisti si spingono ad affrontare quelle difficoltà. Tra questi ricordiamo Cassin, Comici e Castiglioni, ma Gervasutti incorpora in sé una grandissima valenza intellettuale ed è un vero e proprio divoratore di libri, soprattutto di genere avventuriero.

Il salto di qualità di Gervasutti avviene nell'ambiente Torinese di quegli anni, dove  arriva con il suo baglio culturale di arrampicata sulle montagne delle Dolomiti. Nonostante non abbia ancora raggiunto  un livello eccelso, scrive i suoi più grandi capitoli nelle Alpi Occidentali e addirittura diviene un vero e proprio caposcuola.

Particolare è sicuramente il carattere di Giusto, che possiamo definire poliedrico, sempre in contraddizione e con doppie sfaccettature. 

Gervasutti ama i salotti mondani di quegli anni ma sempre con garbo e senza esagerare, è un imprenditore sempre concentrato sulla gestione dei suoi affari, che conduce però con signorile distacco ( lavora non per avidità ma per poter autofinanziare la sua attività alpinistica), e molte altre infinite contraddizioni.

L'esistenza di Giusto Gervasutti è un continuo alternarsi fra le frustrazioni della pianura e l'ebrezza delle vette; quest'ultima viene sempre annebbiata dai continui ritorni al piano e lo lascia con un velo di ansia e insoddisfazione permanente.

 

Descriviamo ora parte della sua immensa carriera alpinistica, focalizzandoci sulle ascensioni più rilevanti.

Nel 1933 compie la prima ripetizione in assoluto della Cresta sud dell’Aguille Noire, considerata una delle vie più difficili di quegli anni, Gervasutti porta a termine anche una lunghissima serie di salite sempre sul Massiccio del Monte Bianco.

Nel 1934 si prepara anche ad effettuare delle spedizioni Oltreoceano; si reca infatti nelle Ande del Cile e qui raggiunge diverse cime inviolate di oltre 5000 metri. Uno dei suoi grandi capolavori avviene però nel gruppo del Monte Bianco ed è sicuramente lo spigolo sud ovest del Pic Gugliermina, vetta raggiunta nel 1938 con il fortissimo amico Gabriele Boccalatte. 

Negli anni successivi partecipa anche a moltissime “corse” per la conquista delle cime inviolate sul Monte Bianco; manca per poco la conquista della prima assoluta dello Sperone Croz e viene preceduto da Cassin anche sullo Sperone Walker.

Nel 1940 arriva un'altro capolavoro firmato Gervasutti; scala infatti il Pilone Nord del Freney, su un itinerario di altissima difficoltà. 

Nel 1942 avviene invece la sua più grande impresa in assoluto, una via che ancora oggi conta ben poche ripetizioni. Parliamo della prima salita della Parete Est delle Jorasses, una via tecnicamente molto impegnativa che si sviluppa principalmente su un terreno di misto ghiaccio e roccia molto insidioso.

Nel 1946 avviene invece il tragico incidente che segna la fine del grandissimo alpinista Gervasutti; mentre sale con Gagliardone il pilastro NE del Mont Blanc du Tacul, incontra un peggioramento improvviso del tempo e questa condizione meteo li obbliga ad una veloce ritirata . Durante la discesa in corda doppia, però, la corda si incastra tra le rocce bloccando Giusto. Egli decide quindi di risalire nel tentativo di risolvere la situazione ma durante la risalita della corda improvvisamente cade nel vuoto. 

Il Fortissimo, così da sempre soprannominato, si spegne all'età di 37anni lasciando un vuoto incolmabile nel mondo dell'Alpinismo e nell'ambiente torinese; le sue contraddizioni esistenziali, la sua spinta innovatrice e le sue vulcaniche caratteristiche arrivano a coronargli anche il titolo di “Michelangelo dell'alpinismo”.


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