La leggenda della Città di Félik

Ai piedi del Monte Rosa, dove una volta sorgeva Félik

 

Nell'alta Valle del Lys (dove in zona troviamo anche il famoso Ponte del Diavolo sul Lys), a nord di quello che oggi è il popolare centro di Gressoney la Trinité, salgono verso il cielo gli ampi ghiacciai del Monte Rosa, sterminate distese bianche e seraccate, inospitali per l'uomo e a volte inquietanti per la loro maestosità.

 

Nessuno immagine che, in tempi molto lontani, quando i ghiacci non ricoprivano ancora i fondali delle vallate, qui sorgeva una bellissima città, chiamata Félik, una città prospera e anzi opulenta.

Gli abitanti della Città di Félik erano dei grandi lavoratori, non si stancavano mai, producevano giorno e notte e avevano instaurato ottime relazioni commerciali con gli abitanti delle vallate vicine. Allora gli alti valichi del Teodulo, del Félik e del Lys erano facilmente transitabili con gli animali da soma, così che dalla Svizzera si potessero trasportare carichi di ogni tipo senza alcuna difficoltà.

In questa situazione gli abitanti di Félik guadagnavano soldi a palate, e ogni giorno che passava diventavano sempre più ricchi; tuttavia, insieme alla ricchezza crebbe gradualmente anche la loro superbia e vanità, tanto che iniziarono ad impegnare le loro ricchezze in inutili lussi e capricci: scale fatte con forme di formaggio, tetti ricoperti di lamine d'oro e cose simili.

Le donne valligiane passarono dai semplici abiti di montagna a vestisti sfarzosi e sempre nuovi, gli uomini erano disposti a tutto per incrementare i loro guadagni, anche adottando sotterfugi e trabocchetti per arricchirsi sempre di più anche a scapito degli altri, se era il caso

 

Una sera, arrivò a Félik un vecchio viandante, sporco e malandato, che chiedeva ospitalità; dopo averlo insultato e deriso, dall'alto della loro superbia, gli abitanti di Félik decisero di farlo entrare in città. Il povero viandante prima di lasciare il paese mormorò : “Dio Padre Onnipotente vi punirà per i vostri peccati”.

Proprio in quell'istante iniziò a nevicare. Il vecchio, scrutando il cielo, divenne cupo e avvertì gli abitanti che se avesse continuato a nevicare per sette giorni, e l'ultimo giorno la neve fosse diventata rossa, ciò significava che l'ira di Dio si era scagliata su di loro per punire la loro superbia. Gli altri scoppiarono a ridere ed iniziarono a sbeffeggiarlo per quanto aveva previsto.

Ma la neve continuava a cadere fitta, e così fece per giorni e giorni fino a sommergere i pollai, le abitazioni e qualsiasi cosa, condannando a morte certa gli animali intirizziti dal freddo.

Finchè dopo una settimana iniziò a cambiare colore e divenne di un rosso acceso, simile al sangue. Gli abitanti di Félik si spaventarono a morte e corsero da vecchio a chiedere aiuto, ma questi rispose che ormai era troppo tardi, la superbia e l'avidità li aveva accecati a tal punto che avevano dimenticato le doti dell'accoglienza e della misericordia, ed ora era inutile cercare di rimediare.

La bufera continuò per giorni fino a sommergere interamente la città di Félik ed i suoi abitanti.

Secondo la leggenda l'ultima persona che vide la città di Félik fu il giovane curato del paese, il quale si arrampicò sulla cima del campanile e vide tutta la città ormai praticamente sommersa dalla neve e dal ghiaccio

 

Oggi, nelle notti più scure e fredde, gli spiriti di quella città si aggirano ancora lungo le nevi dei ghiacciai tra il Colle del Félik e la Bettolina, invocando pietà ed espiando con sofferenze atroci le colpe commesse in vita.