L'oro di Dongo, la misteriosa storia dei beni di Mussolini

 

Una foto storica di Dongo - tratta dal Gruppo Facebook Dongo Storia in Immagini

Sul Lago di Como si raccontano innumerevoli Storie e fantasiose Leggende, quella che vi raccontiamo oggi però è più che altro una pagina di storia, che ha visto coinvolto il Lago di Como e che ancora oggi nasconde un velo di mistero.

Parliamo infatti dell'Oro di Dongo, ovvero i “beni” che Benito Mussolini, durante la sua fuga dai partigiani, avrebbe abbandonato la notte del 27 Aprile 1945 proprio a Dongo (Co), piccolo paesino sulla sponda comasca del Lago.

 

Mussolini, scortato dai suoi uomini, stava infatti fuggendo quella notte, verso i territori della Svizzera/Germania, intento ad abbandonare il territorio italiano il prima possibile.

Alcuni uomini lo riconobbero e alla fine nei pressi di Dongo venne catturato.

Mussolini portava con se una grandissima quantità di Oro, Gioielli e Soldi, custoditi all'interno di alcune valige.

La nota curiosa è che non si sa ancora con esattezza che fine abbia fatto questo tesoro, ne il suo valore esatto

 

La vicenda...

Al momento della cattura, Mussolini stava viaggiando su un autocarro tedesco e portava con se circa 5 valige contenenti i suoi effetti personali.

Dopo la cattura del dittatore, una volta che ai militari tedeschi fu fatto ordini di ripartire, si fermarono sulle sponde del lago, nei pressi del Fiume Nera e si liberarono del contenuto delle valige: le banconote vennero bruciate e i preziosi (oro e gioielli) furono buttati nel fiume.

Il giorno seguente, un pescatore, rinvenne nel fiume oltre 35 kg d'oro, i quali vennero consegnati all'interprete della 52ª Brigata, Alois Hoffman, di nazionalità svizzera.

Sempre ad Hoffman i tedeschi gli recapitarono oltre 33milioni di lire, che quella sera non vennero bruciati.

Hoffman successivamente consegnò interamente i beni a Pier Luigi Bellini delle Stelle (52ª Brigata Garibaldi ) e al vicecommissario Urbano Lazzaro, i due depositarono l'intera somma alla Cassa di Risparmio di Domaso.

Il 1° Maggio del 1945, tutti i beni vennero prelevati e affidati al commissario politico della 52ª Brigata, Michele Moretti, con il compito di consegnarli al comando del Corpo Volontari della Libertà di Milano per far fronte ad bisogni urgenti della Brigata.

Da questo momento in poi, dei beni preziosi non si ebbe più nessuna tracciata

 

Il mistero...

Verso la fine del 1945, a seguito di un mandato di cattura, Moretti scappò espatriando a Lubiana, in Jugoslavia.

Li rimase fino alla fine del 1946 e solo nel 1947, quando le accuse della fase istruttoria vennero assolte, ritornò in patria.

Nel frattempo, Alberto Mario Cavallotti, all'epoca deputato del PCI, il 17 aprile 1947, scrisse e firmò una lettera nella quale dichiarava che i valori in questione erano stati consegnati al comandante partigiano Pietro Vergani e che erano stati impiegati per far fronte ai bisogni delle Brigate Garibaldi

Lo stesso Vergani, confermò attraverso uno scritto, quanto dichiarato da Cavallotti, precisando l'ammontare dei valori consegnati ai comandi garibaldini

 

Dell'Oro di Dongo, costituito principalmente dalle fedi nuziali che Mussolini chiese volontariamente ai cittadini italiani di consegnare per sostenere lo sforzo bellico in Abissinia e contrastare le sanzioni, non vi fu mai più traccia

Nessuno ancora oggi conosce precisamente e con certezza, che fine fece.


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