Il mito della Parete Nord dell'Eiger

La parete nord dell'Eiger

 

Il nome stesso non fa di certo presagire nulla di buono: Eiger infatti ricorda molto la parola tedesca Oger, significa "Orco"; sebbene vi siano numerose ipotesi sull'origine del nome, la fama che questa montagna ha acquisito nel corso degli anni, poco si discosta da questo significato.

Con i suoi 3967 metri di altitudine questa cima domina, insieme alla Jungfrau, alcuni tra i più vasti ghiacciai alpini, come il Grindelgletscher e l'Aletschgletscher nell'Oberland Bernese

 

La fama sinistra dell'Eiger è dovuta soprattutto alla sua celeberrima Parete Nord (la Nordwand), che per decenni negli anni '30 ha costituito un vero e proprio problema alpinistico che ha coinvolto decine di alpinisti europei.

Si tratta di una vera e propria parete himalayana, una delle poche presenti nelle Alpi (tra le altre da citare è la Parete Est del Monte Rosa), con uno sviluppo verticale di oltre 1800 metri e perennemente nascosta ai raggi del sole, per questo motivo presenta ampie zone di neve perenne e ghiacciai ed è soggetta a numerose frane .

Osservando l'Eiger da Grindelwald, da Wengen, o dalla stazione ferroviaria di Kleine Scheidegg, esattamente ai suoi piedi, l'impressione che si ha è esattamente quella di un gigante oscuro.

Le prime vittime del "mostro" furono Karl Mehringer e Max Sedlemayer nel 1935, i due alpinisti raggiunsero la quota di 3300 metri ma furono costretti per il brutto tempo ad un bivacco, entrambi purtroppo morirono (la zona ora si chiama il Bivacco della Morte)
Nel 1936 un'altra tragedia, forse la più scioccante della storia dell'Eiger, ovvero la morte di Toni Kurz. Membro di una cordata di quattro persone spinte dalla propaganda nazista del tempo a superare i limiti della natura a costo della vita, Toni Kurz ha visto morire ad uno ad uno i suoi compagni sulla parete (a causa di una valanga nel tentativo disperato di ritirata a causa del brutto tempo), restando intrappolato ad una corda e sospeso alla parete per più di un giorno.

L'alpinista era completamente solo ed allo stremo delle forze, e solamente grazie ad un ferroviere del treno che da Kleine Scheidegg sale verso lo Jungfraujoch, si sono potuti attivare i soccorsi.

Grazie ad una serie di corde, recuperate dai compagni, Kurz riuscì quasi a calarsi fino ai soccorritori, appostati nel cunicolo ferroviario posto proprio in centro alla parete nord.

Tuttavia, l'ultimo nodo, più grosso degli altri, non riuscì a passare dentro al moschettone, fatto che determinò la morte di Toni Kurz, ormai stremato, appeso alla Nordwand, lì a pochi metri dai suoi soccorritori. La tragica storia di Toni Kurz è stata anche ripresa da Philipp Stolzl nel film del 2008 "The North Face".

Locandina del film North Face

Il divieto da parte delle autorità svizzere di scalare la Parete Nord non bastò ad evitare altre vittime.

Passarono gli anni e anche due alpinisti italiani, Valdagno Bortolo Sandri e Mario Menti, perirono sulla Nordwand nel 1938 nella zona bassa della parete.

Sempre in quell'anno un gruppo di alpinisti lecchesi capeggiati dal grande Riccardo Cassin, cercarono di effettuare la salita, ritirandosi però a causa del meteo

Solamente nel luglio di quell'anno, precisamente il giorno 24 luglio, una cordata austro-tedesca composta da Andreas Heckmair, Ludwig Vörg, Fritz Kasparek e Heinrich Harrer riuscì a raggiungere la vetta dell'Eiger.

L'impresa fu estrema, il gruppo dovette affrontare diverse difficoltà ambientali e fu costretto a 3 giornidi bivacco in parete.

I media locali impazzirono riguardo a questa impresa, tanto che il gruppo venne ricevuto da Adolf Hitler

Ancora oggi in onore a Andreas Heckmair è presente la Via Heckmair

 

Nel 1957 un'altra tragedia scosse l'ambiente alpinistico italiano, con la scomparsa sulla Nordwand di Stefano Longhi e il salvataggio in extremis del suo compagno Claudio Corti

I due Italiani si erano uniti ad una cordata tedesca con l'intento di raggiungere tutti insieme la vetta, purtroppo a causa del sopraggiungere del maltempo furono costretti a 8 giorni di bivacchi in parete, durante i quali Longhi si ritrovò con le mani congelate cadendo poi successivamente su una cengia molto esposta.

Il recupero del compagno risultava molto complesso così la cordata decise di prendere tempo salendo alla cima per poi scendere e allertare i soccorsi.

In fase di salita anche Corti fu compito da una scarica di sassi e rimase ferito.

Nel frattempo una cordata di emergenza di soccorritori, guidata da Riccardo Cassin, riuscì a salire sulla via normale recuperando Corti, per Longhi non ci fu nulla da fare e morì il giorno dopo.

A vicenda suscitò moltissime polemiche e Corti finì sotto accusa per diversi anni

 

Queste sono solo alcune delle tragedie registratesi sulla Nordwand fino alla metà del secolo scorso, quando poi l'evolversi della tecnica alpinistica e dei materiali permise agli alpinisti di superare l'ostacolo con sempre minore difficoltà e maggiore sicurezza, tanto che dalla "lotta contro la morte" si è poi passati alla "lotta contro il tempo", cercando di effettuare la salita in tempi più rapidi possibili.

Dai tre giorni impiegati dai primi salitori si è arrivati a 3 ore e 54 minuti del grandissimo Ueli Steck (conosciuto come Swiss Machine, purtroppo deceduto nell'Aprile del 2017 in Nepal), il record è stato ulteriormente abbassato dallo svizzero Dani Arnold il 20 aprile 2011 salendo in 2 ore e 28 minuti , infine nel 2015 lo stesso Ueli Steck ha riabbassato il suo record a 2 ore e 22 minuti.

Da segnalare anche due estreme discese con gli sci, la prima nel 1970 ad opera di Sylvain Saudan e nel 1983 con Toni Valeruz, lungo la via Lauper

 

Nonostante tutto l'aura tetra dell'Eiger, che proietta da sempre la sua ombra sul piccolo paesino di Grindelwald, colpisce ancora oggi l'occhio dell'escursionista o del turista intento ad aspettare il treno nella piccola stazione di Kleine Scheidegg, diretto verso il balcone panoramico dello Jungfraujoch.


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